Profondità del microcosmo Fashion: analisi e strategie dei brand
Nel caos frenetico del mercato della moda, un sottile tessuto di nicchie si districa, offrendo un rifugio per coloro che cercano qualcosa di più. Stefano Sacchi, fashion consultant e autore di ‘Di Nicchie e di Business’, ci guida attraverso questo intricato labirinto di segmenti di mercato, esaminando le sue complesse dinamiche e le strategie adottate dai brand per navigarvi con successo.
Il testo, curato da Franco Angeli e impreziosito dalla prefazione di Antonio Mancinelli, è un prezioso compendio per studenti e professionisti del settore. Arricchito dal contributo di esperti come Silvio Leonardi e le illustrazioni di Alessio Cerfeda, offre una prospettiva ricca e informata sulle basi economiche e di marketing necessarie per identificare e sfruttare correttamente le nicchie nel mercato moda. Attraverso l’esplorazione della teoria della coda lunga di Anderson e l’analisi della disintegrazione della domanda in frammenti immateriali, il libro si propone di illuminare i lettori sulle strategie vincenti per capitalizzare su questi micro-mercati.
Stefano Sacchi: un profilo distinto
Chi è Stefano Sacchi, l’architetto dietro questa esplorazione delle nicchie nel mondo della moda? Un veterano nell’industria con oltre tre decenni di esperienza, Sacchi porta una vasta conoscenza e una prospettiva unica al tavolo. Dal suo ruolo di CEO del marchio Giuliano Fujiwara alla sua attuale posizione come coordinatore del dipartimento di Fashion Brand Management presso l’Accademia del Lusso Milano, ha dimostrato una dedizione incrollabile alla produzione, al marketing e al merchandising. Le sue pubblicazioni precedenti, tra cui il saggio “Modaterapia” e una serie di lavori per Franco Angeli, testimoniano la sua vasta expertise nel campo.
In ‘Di nicchie e di business’, Sacchi non solo analizza le tendenze emergenti nel mondo della moda, ma offre anche una guida pratica su come individuare e capitalizzare sulle opportunità presentate dalle nicchie. Con la sua profonda comprensione delle dinamiche del settore e la sua capacità di comunicare in modo chiaro e coinvolgente, il suo libro si candida come una risorsa essenziale per chiunque voglia navigare con successo nel complesso panorama della moda contemporanea.
Con la sua eloquenza e la sua esperienza pluriennale, Sacchi si presenta come una guida autorevole in questo viaggio attraverso le nicchie della moda. Il suo lavoro offre una visione chiara e illuminante su un aspetto spesso trascurato del mercato moda, offrendo ai lettori un’opportunità unica di comprendere e capitalizzare sulle sfumature e le peculiarità di questo affascinante settore.
1. Qual è stata la tua ispirazione principale dietro questo libro?
L'accettazione del vintage in Italia è la prova della ricerca dell'unicità perduta.
Averlo trasformato da trend per soggetti bizzarri in moda di nicchia per connaisseur è uno dei motivi che ci fa comprendere, al di là del suo ruolo in ambito slow fashion, come una tendenza ritenuta appannaggio di soggetti originali sia diventato un business milionario in pochi anni. Aver osservato e studiato questo fenomeno mi ha spinto alla redazione di questo testo.
La volontà di ricercare un look non globalizzato e talvolta sperimentale costituisce una delle tendenze su cui investire. E le nicchie costituiscono il terreno fertile per questi business.
2. Puoi spiegare il concetto di “nicchia” nel settore della moda e come influisce sul mercato?
Nicchia è un segmento di mercato dove si recuperano articoli che vanno a soddisfare bisogni che fino ad oggi non potevano essere colmati. Nella moda si tratta di brand famosissimi ma solo "per pochi" o sconosciuti ai più ma con follower crescenti o comunque fedeli.
3. Qual è il ruolo dei brand di nicchia nell’attuale panorama della moda?
Nella moda e nel lifestyle la volontà di costruirsi un'immagine aderente alla propria personalità e al proprio identikit porta chiunque naturalmente a ricercare con gradi più o meno intensi di impegno la propria unica identità.
Il tempo profuso in queste ricerche è correlato all'attenzione e all'importanza che ciascuno di noi dedica al proprio aspetto e alla propria modalità di apparire e comunicare con l'abbigliamento.
I brand di nicchia sono sia marchi molto famosi che per loro scelta estetica si rivolgono a una élite capace di comprenderne i valori e i significati, pensiamo ai famosi e avanguardisti Antwerph six (di cui pochissimi ricordano tuttavia i nomi); oppure sono brand che definiscono strategie basate su valori etici o sostenibili, oggi molto sentite e condivise e che riescono a mietere successo su nicchie di consumatori attenti che vogliono in tal modo auto esprimersi.
4. Come vedi l’evoluzione del consumatore moderno e il suo rapporto con i brand di nicchia?
il consumatore moderno adora le nicchie e quando le scova se ne compiace. Ricerca unicità e articoli non convenzionali, sia nella moda che nella musica e in genere nell'entertainment e soprattutto nel comparto digitale ricerca ciò che fino a qualche anno fa sarebbe risultato impossibile da recuperare. La curva della coda lunga di Anderson di cui parlo nel libro è l'espressione della moderna domanda che soddisfa milioni di consumatori con articoli digitali di nicchia che non potrebbero mai trovare spazio di un luogo fisico, ma che invece nello sconfinato web soddisfano bisogni di poche unità che tuttavia nel loro complesso riescono a raggiungere risultati ragguardevoli (grazie alla loro immaterialità e ai costi di stoccaggio nulli).
5. Cosa ti ha spinto a esplorare il tema dell’unicità e della ricerca di identità nel contesto della moda contemporanea?
più che nella moda di cui comincio francamente a disinteressarmi e a vederne molti limiti era il lifestyle ad interessarmi. Oggi è molto più importante come mangiamo, che libro leggiamo, dove andiamo in vacanza di come ci si veste. Il puzzle che ci rappresenta ha una minoranza di tessere afferenti alla moda intesa nella vecchia maniera.
Per cui più che di moda si dovrebbe parlare di lifestyle, più interessante e più profittevole. Tornando alla moda in ogni caso la nicchia intercetta fasce di consumatori che non sono soddisfatti dal prodotto « mainstream ».
Sta proprio in questa fuga dall'omologazione e ricerca di alternative meno diffuse il motivo che spinge i consumatori verso articoli o designer « di nicchia »
Per quanto la moda sia un fenomeno massimalista (anche in statistica si definisce moda ciò che si presenta con maggior frequenza), la ricerca dell'originalità e dell'anticonformismo rappresenta da sempre un aspetto della sua anima.
6. Quali sono le sfide più significative che i brand di nicchia devono affrontare nel mercato attuale?
La nicchia é assolutamente trasversale può riguardare prodotti e brand scomparsi dal mercato (e talvolta acquistabili a prezzi ridicoli proprio in virtù della loro scarsa riconoscibilità) oppure prodotti di valore variabile più difficile da reperire rispetto a quelli maggiormente diffusi e popolari.
Questo significa che la nicchia ha una forte potenza; inspiegabilmente e paradossalmente anziché disgregare il mercato come si potrebbe immaginare, riunisce soggetti differenti animati dalle stesse passioni che fino ad ora rimanevano insoddisfatte e li fidelizza a prodotti e marchi che finalmente sono in grado di recuperare. Per definire una nicchia che sia profittevole occorre seguire alcune regole precise, ad esempio ricercare un segmento di mercato esistente (cioè con potenziali clienti), che non sia presidiato già da concorrenti e dove i costi da sostenere non rendano fallimentare l'impresa.
7. Puoi condividere qualche esempio di successo di brand di nicchia che hai osservato nel corso della tua carriera?
un comparto di grande successo sotto gli occhi di tutti è quello online con eCommerce di nicchia dove qualsiasi bisogno o desiderio viene prontamente soddisfatto. La nicchia ecologica registra una redditività elevata grazie alla domanda di prodotti sostenibili sia nel food, che nel fashion e beauty, così come il collezionismo in tutte le sue forme (facilitato da aggregatori quali eBay) senza dimenticare i prodotti digitali immateriali, il print on demand, la stampa 3d e le creazioni legate all'intelligenza artificiale.
Nel fashion parlare di marchi di nicchia può essere fuorviante come ho già affermato. Possiamo riferire questo termine a brand nuovi ed emergenti oppure esistenti, ma che per estetica o strategia, pur avendo fatturati milionari, si rivolgono a tribù di fedeli estimatori. Avviene per Goyard, brand di lusso che sfugge a qualsiasi occasione di visibilità sostituendola con l'autorevolezza che gli viene riconosciuta dal suo pubblico, o per Rick Owens che con il suo stile in bilico tra primitivo, passato ancestrale e futuro post-atomico apprezzato da una nicchia di seguaci, sfugge accuratamente a un'immagine commerciale.
Tra i brand più recenti The row é un esempio di marchio di nicchia nell'abbigliamento così come lo sono Penhaligon's, Creed, Oriza L Legrand, État libre d'Orange, Byredo nel campo della profumeria, un settore dove le nicchie producono fatturati milionari.
Il « Quiet Luxury » risulta un concetto particolarmente vincente a cui possono ispirarsi gli emergenti in cerca di affermazione, al pari delle « strategie di heritage » per il rilancio di brand dormienti in attesa di essere risvegliati, attraendo dapprima nicchie di connaisseurs per poi giungere ad affascinare gruppi sempre più ampi….abbandonando le nicchie originarie (é successo a Balenciaga, sta accadendo a Schiaparelli e può accadere a molte altre « sleeping beauty »).
8. In che modo la tua esperienza come CEO del brand Giuliano Fujiwara ha influenzato il tuo approccio alla moda e al marketing?
La mia avventura presso Giuliano Fujiwara è stata la stagione più bella professionalmente parlando della mia vita. Spesso la idealizzò dimenticando che erano altri anni, la moda era differente, più interessante e ancora aveva qualcosa di innovativo da dichiarare. Oggi preferisco parlare di marketing, cercare di comprendere quello che apparentemente mi sarebbe assai difficile da intuire, osservare molto (perché il mio ruolo anche di docente me lo impone) e commentare il meno possibile. Penso sempre che il designer abbia la funzione sociale di rendere tollerabile il cattivo gusto che ci circonda, oggi più che mai.
9. Qual è il tuo parere sull’importanza della sostenibilità nel settore della moda?
Non sono nè un detrattore, né un apologeta della sostenibilità nella moda. Ovviamente penso che sia assolutamente necessario preservare l'ambiente per le generazioni che verranno ed assumere un atteggiamento etico verso la produzione e la commercializzazione della moda, ma non dimentico che sta nel cambio del guardaroba e nell'alternarsi delle stagioni la logica che sostiene il sistema.
Inoltre ritengo che ciò che manchi sia soprattuto la cultura con cui affrontare il tema
Serve una vera rivoluzione culturale che ahimè non vedo profilarsi all'orizzonte.
I Fast fashion vendono sempre di più, etica ed estetica per troppi anni hanno marciato su binari paralleli e ci hanno abituato alla bruttezza delle sperimentazioni tessili sostenibili grazie al completo disinteresse dei designer.
Oggi tutto è cambiato se non sei sostenibile non fai notizia e quindi tutti a rincorrere il green (e spesso il green washing) ma pochi sono realmente impegnati su questo tema con investimenti e comunicazione adeguata.
Spero in un cambiamento forte e in maggiore consapevolezza da parte di chi non potendo acquistare slow attraverso capi sostenibili inevitabilmente più cari, continui ad acquistare Fast, ma non in modalità bulimica.
10. Come vedi il futuro dei brand indipendenti nel panorama della moda globalizzata?
Credo che visto il pessimo scenario economico i brand indipendenti per aver successo abbiano davanti solo due possibilità o smettere di esserlo e far parte di gruppi che li possano finanziare e far evolvere, rinunciando alla loro autonomia o spingersi profondamente verso una nicchia di fedeli adepti che diventino fedelissimi e rappresentino i puristi della moda, non i turisti.
11. Quali sono i prossimi progetti o trend che credi avranno un impatto significativo nel settore della moda?
Se penso alla tendenza nostalgica che da anni attanaglia il marketing mi sentirei di rispondere sicuramente Il vintage e il recupero della memoria.
Il suo mercato ha rappresentato recentemente una vera scoperta ed é diventato fonte di un business incredibile. Anche in Italia dove era erroneamente confuso con il semplice second hand (tradizionalmente osteggiato per ragioni culturali quanto ampiamente sdoganato altrove, dove i charity shop sono da sempre una realtà interessante e fiorente) ha avuto un forte incremento.
Mostre, rassegne e mercati dedicati al vintage si sono gradualmente diffusi ed oggi il fenomeno ha acquisito una sicura dignità nell'ambito della ricerca della propria immagine e dello styling, oltre a costituire parte integrante del fenomeno slow fashion (capi usati irriproducibili e prestigiosi, testimoni di un « tempo che fu » a cui viene data una seconda vita).
L'upcycling, anch'esso espressione di sostenibilità, é invece la trasformazione di capi in qualcosa di più prezioso, mutandone la funzione d'uso (ad esempio un pigiama in seta diventa un completo da sera con qualche abbellimento) e può essere considerato una forma di « vintage 2.0 »
Ma credo che anche se in modalità abbastanza a me incomprensibile il futuro prossimo sarà soprattutto invaso da metaverso, NFT e altre modalità di espressione della creatività digitale non fisicamente tangibile ma allo stesso tempo perfettamente riproducibile. Assisteremo a fusioni tra moda e arte digitale e nascita di identità che si svilupperanno in dimensioni virtuali….penso sia tutto molto lontano da me, ma eviterò di criticare e mi limiterò (devo farlo) ad osservare.