Italo, innanzitutto grazie per aver scelto di essere intervistato da me sul mio journal. Senza alcun favoritismo o volontà di affabulazione, ammetto di essere tuo fan e ti reputo tra i più interessanti designer sostenibili a livello italiano e non solo. Partendo da ciò, potresti raccontare ai miei lettori la genesi del progetto FW22 common thread.
The common thread è nato come un progetto temporaneo e poi si è prolungato oltre ogni aspettativa. Venivo da un momento molto difficile dopo il lockdown. La mia realtà e il mio network portato avanti con tanta volontà erano in pericolo. Dai fornitori per produrre i patchwork di recupero, per fare un esmepio, sia i laboratori di pizzo, ma anche i suppliers che mi permettono di creare i miei abiti. Tutti i laboratori che collaborano con me li ho improvvisamente trovati lontani da me. Inizialmente è stato piacevole ritrovarsi nel tempo e riscoprire la lentezza del tempo. Io ho rivalutato l’idea del fare ripartendo da me stesso. Pensavo che questo progetto di realizzare crochet sarebbe durato sí e no 10 giorni. Come creativo non potevo stare fermo. Ho ripreso l’arte antica del crochet che mi aveva insegnato mia nonna e che io un po’ avevo messo da parte. Non l’avevo più sperimentata dall’infanzia. Inizialmente ho realizzato una coperta per poi passare agli sweater e il riscontro social è stato molto positivo. Così ho proseguito e ho dato ascolto alla mia digital family e ho cominciato. Così partendo dal materiale della nonna ho fatto un crowdfounding chiedendo di lavorare lane. Così si è mosso un moto solidale e la mia community mi ha sostenuto tantissimo dal nord al sud Italia coinvolgendo tutte le fasce d’età. Oltre il crowdfounding è nato un lookbook con i maglioni indossati dalla gente comune condiviso sul mio profilo. Cosi i maglioni hanno preso piede:sono realizzati in tubolare. Hanno un ottima vestibilità,un lavoro circolare senza cuciture o interruzioni. Sono molto riconoscibili: lavorazioni a trecce grandi simili alla maglieria, ma si tratta di crochet. Oggi nella mia opinione ciò che caratterizza un designer è la resilienza, ossia l’essere come l’acqua, per citare l’immenso Talete. I maglioni dall’inverno 2021 sono in vendita in diversi negozi multibrand (Bertinotti a Lecco, Agemina in Sicilia, per menzionarne due). Per ogni negozio realizzo una capsule collection. Il negozio ci fornisce i materiali di scarto e noi realizziamo maglioni in esclusiva. Siamo io e altri 4 ragazzi a lavorare all’uncinetto. Ogni negozio non può ordinarne più di 12 pezzi. Altrimenti si può fare uno special order direttamente da noi sul mio website.
Mi rendo conto di essere fuori timing stagionale, ma ammetto di aver notato il progetto da follower nelle tue stories.
Tra i posti che hai visitato in tour dell’Italia quali sono quelli che più ti sono rimasti nel cuore e che ti hanno maggiormente ispirato dal punto di vista creativo?
Tra quelli visitati sinora direi la serra Moresca per i colori che aveva visitata di recente con un’architettura invidiabile. Sicuramente inoltre villa Adriana per la storia che ha e per gli scenari che offre. Due luoghi a me molto cari. Anche se il viaggio proseguirà quindi magari tra due settimane potrebbe essere tutto mutato considerato che c’è in programma anche un main event al salone del Mobile di Milano 2022. La genesi del tuo brand. Facciamolo conoscere anche ai miei lettori dopo che io l’ho scoperto anni fa ad Altaroma. Il mio brand nasce nel 2016 dopo poliedriche esperienze nel settore moda donna. Volevo iniziare a fare qualcosa che parlasse di me e del mio background. Volevo che abbracciasse il prêt-à-porter e la couture. Non vedo la cura e i dettagli nel prêt-à-porter iche mi ammaliano della couture. Per questo, decidendo di costruire qualcosa di totamente mio, mi sono messo a mio agio con i miei tempi ascoltando il mio modo di creare. Mi sono spinto su territori inesplorati. All’inizio ho sperimentato tanto soprattutto per il fatto di essere stato uno dei primi a parlare di sostenibilità. Materiali di pregio di scarto, qualcosa che fosse etico e couture contemporaneamente… insomma era molto azzardato. Io comunque ci ho provato perché per me questo era un aspetto fondamentale del progetto. Così sono approdato al core business del progetto, sperimentandolo: l’upcycling. Questo era molto più contagioso e divertente al tempo stesso nel fashion system e poi di conseguenza quello che ha preso piede maggiormente nel mondo soprattutto in considerazione del fatto che ci si doveva stoppare sulla polluzione. Ho iniziato in Francia al Tranoi. La fiera internazionale mi ha dato un ottimo slancio soprattutto in Giappone e negli Stati uniti, cosa che mi rende particolarmente orgoglioso. Dopo siamo andati ad Altaroma con sfilate performance che ormai sono appuntamenti fissi della kermesse. Ad oggi abbiamo un format ancora diverso dunque non mi pongo assolutamente limiti per ciò che potrebbe accadere in futuro per la mia realtà imprenditoriale.La volontà soprattutto, da visionario, di scegliere materiali di recupero prima che l’upcycling diventasse un diktat necessario vista l’allarmante situazione attuale. Cosa ti ha spinto verso questa geniale idea e soluzione creativa?
Lo studio innanzitutto. Studiando ho capito che uno dei più grandi problemi del settore moda è la filiera lunga e frammentaria. Contro la polluzione occorre abbattere le distanze. Per un brand emergente è più semplice. Avere meno scarti possibili e non dare per scontato che usare materiali sostenibili sia sostenibile. Mi spiego meglio. Innestando una produzione ci sono dei costi di impatto ambientale di cui facciamo le spese. Molte volte è più etico l’upcycling di recupero da un materiale di scarto piuttosto che comprare un materiale di scarto nuovo. Sempre perché secondo me noi italiani siamo un passo avanti, menziono l’eccellente storia del distretto pratese dove dagli anni Quaranta si ricicla la lana. E questa tradizione va avanti tutt’oggi per poter produrre, sin dal motivo per cui nacque, ossia dall’epoca della guerra di trincea per i soldati, in modo sostenibile. questo esempio è diventato global. Noi grazie al partner pratese Manteco, che oltre a fare ciò non impiega coloranti chimici, avremo l’onore di stabilire una partnership esclusiva per l’evento del salone meneghino sopra menzionato.
Ti ispiri a qualcosa in particolare quando crei o è un movimento del tuo subconscio? Come descriveresti la tua estetica?
Un’estetica onirica. Composta da voli pindarici ed elementi che provengono da diversi mondi: da suggestioni letterarie, cinematografiche… sono poliedriche. Mi sento un designer poliedrico: faccio consulenze per terzi, ho seguito progetti di interior design. Ti direi che l’eclettismo fa parte di me e del mio stile, c’è sempre un tocco di romanticismo nostalgico. Voglio preservare il savoir-faire del made in italy ma ipermoderno per la produzione e il mix and match avanguardistico a livello romantico e produttivo al contempo.
Nel tuo headquarter romano che aria si respira? Mi racconti un po' come è strutturato? Una sorta di Factory à la Andy Wahrol dove menti giovanissime si confrontano, dove si respira artigianalità e si respira aria di progettazione e non solo di illustrazione e di disegno. Noi rispondiamo come designer a delle esigenze e ci impegnamo a rendere tutti soddisfatti. Mentre lavoriamo al pc abbiamo anche il crochet, subito dopo adobe e un cartamodello. l’eclettismo e il binomio tra artigianalità e multimedialità contraddistingue il mio spazio dove l’allegria regna sovrana e anche il buon cibo.
Quanto c’è dell’essere italiano nelle tue creazioni?
Tutto. Al cento per cento. Il mio hashtag è #madeintalo. Voglio salvaguardare il made in Italy. Amiamo le icone italiane musicali mentre creiamo e siamo fieri di esserlo.
Verso dove stai orientando lo sguardo adesso?
Dopo l’hotellerie (Almait è il mio progetto di fashion accomodation a Roma nel cuore del centro storico al ghetto ebraico) vorrei lanciare un format unico che leghi cucina e moda nel mio spazio dove il convivio regni sovrano.
Da piccolo cosa sognavi di fare?
Sin da piccolo volevo fare lo stilista. Il mio background e il mio trasporto verso lo studio e la conoscenza mi hanno successivamente portato a diventare poliedrico. Ma per me è sempre stata una certezza.
Artista musicale e serie tv preferita del momento?
Guardo poca TV. In realtà per niente. Nel poco tempo libero che ho preferisco uscire e stare con gli amici. E’ difficile che guardi la tv. Sinceramente l’ultima che ho visto è il trono di spade. Amo i Muse anche se sono fermi da un po’ di tempo, ma onestamente la mia musa indiscussa è Orietta Berti, anche perché anche lei fa crochet dunque vorrei diventasse mia amica.